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434 parte ii - capitolo xii

sul canapè, la signora Barborin alla quale il padrone aveva proibito il menomo accenno ai casi di Oria, si lasciò ossequiare dagli altri, fece le solite domande al Paolin e al Paolon circa le rispettive loro dame e soddisfatta d’aver appreso che la Paolina e la Paolona stavano bene, incrociò le mani sul ventre e tacque dignitosamente in faccia al semicerchio de’ suoi cortigiani. Pasotti, non vedendo Friend, s’informò subito di lui con ossequiosa premura. «E’l Friend? Poer Friend!» benchè se lo avesse avuto nelle granfie, solus cum solo, quel brutto diavolaccio ringhioso che sciupava i calzoni a lui e le sottane a sua moglie, lo avrebbe strozzato con gioia. Friend era infermo da due giorni. Tutta la brigata si commosse e lamentò il caso con la segreta speranza che il maledetto mostro fosse per crepare. La Pasotti vedendo tante bocche parlare, tante facce diventar contrite, e non udendo una parola, suppose che si discorresse di Oria, si rivolse al Paolon suo vicino, lo interrogò con gli occhi, spalancando la bocca, indicando col dito la direzione di Oria. Il Paolon le fece segno di no. «Parlen del cagnoeu» diss’egli. La sorda non intese, fece «ah!» e prese, a caso, un’aria compunta.

Friend mangiava troppo e troppo bene, soffriva d’una malattia schifosa. Il Paolin e il curato di Puria diedero premurosi consigli. Il prefetto della Caravina aveva espresso altrove la temperata opinione che fosse da buttarlo nel lago con la sua