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esusmaria, sciora luisa! 407

Teresa, a la Soa mammin de Lee, che ghe l’avarà inscì cara, sü in Paradis!»

Luisa fu intenerita, non dalle parole, ma dal pianto e rispose con dolcezza: «L’à capii che ghe credi minga, mi, al so Paradis! El me Paradis l’è chi!»

L’Aliprandi fece al curato un gesto di preghiera e quegli uscì singhiozzando.



Il medico partì da Oria verso la mezzanotte insieme al professore. Tutta la casa taceva, neppur dall’alcova esciva più alcuna voce. L’Aliprandi aveva passate le ultime due ore in sala, col professore ed Ester, senza udir mai un grido nè un gemito nè un movimento qualsiasi. Era andato due volte a guardare. Luisa stava seduta sulla sponda del suo letto con i gomiti sulle ginocchia e la faccia tra le mani, contemplando il lettuccio che l’Aliprandi non poteva vedere. A lui questa immobilità nuova dispiaceva quasi più che la sovreccitazione di prima. Poichè Ester intendeva restare tutta la notte, le raccomandò che tentasse, con discrezione, di scuoter la sua amica, di farla piangere e parlare.