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esusmaria, sciora luisa! | 391 |
che i vigneti e gli uliveti della Valsolda, per qualche altra cosa più a lei vicina, ch’egli non diceva, ch’ella non sapeva e non poteva mettere in parole: avrebbe pensato che negl’inarticolati bisbigli di lei vi fosse un riposto senso tenero e tragico, il docile abbandono di un’anima dolce ai consigli dell’angelo suo, al voler misterioso di Dio.
Alle due e mezzo i nuvoloni torvi di Carona diedero un altro tuono cupo a cui subito risposero gli altri nuvoloni del Boglia e della Zocca d’i Ment. Luisa corse sulla terrazza. La gondola era in faccia a S. Mamette e veniva dritta alla Calcinera. Si vedevano benissimo i barcaiuoli far forza di remi. Mentre Luisa posava il cannocchiale, il primo colpo di vento strepitò per la loggia sbattendo usci, vetri e imposte. Atterrita dall’idea di indugiarsi troppo, Luisa chiuse in fretta e in furia, passò correndo per la sala, tolse l’ombrello, uscì senz’avvertir nessuno, senza chiuder la porta di casa e prese la via di Albogasio Inferiore. Passato il cimitero, nel luogo che chiamano Mainè, incontrò Ismaele.
«Dove la va, sciora Luisa, con sto temp?»
Luisa rispose che andava ad Albogasio e passò oltre. Dopo cento passi le venne in mente che non aveva avvertito la Veronica della sua partenza, che non le aveva detto di chiuder le finestre nella camera da letto e di badare a Maria. Pensò di mandarglielo a dire da Ismaele. Egli era già scomparso dietro la svolta del Camposanto. Si sentì nel cuore un impulso a tornar indietro ma non c’era tempo.