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esusmaria, sciora luisa! 387

struire in capo al suo giardino onde potervi tenere una barchetta. Maria era pure in loggia e pigliò molto interesse a questa futura barchetta del signor Ladroni. Gli raccontò che ne possedeva una anche lei, corse a prenderla per fargliela vedere e il professore scherzò, la pregò di accompagnarlo a Lugano con la sua barca. «Sei troppo grande, tu!» diss’ella. «La mia bambola sì che la condurrò a spasso in barca!» «Ma cosa mai!» fece lo zio. «Quella barca lì è buona per andare al fondo.»

«No!»

«Sì!»

Ombretta si impazientì e corse in camera per provar la barchetta nel catino, ma nel catino non c’era acqua e la piccina ritornò in sala, mogia mogia, con la sua barchetta in braccio, e non andò più dallo zio.

Ester capitò al tocco e tre quarti. Disse che aveva udito il tuono e che perciò era venuta prima. Il tuono? Luisa uscì subito sulla terrazza a guardar il cielo. Minacce grosse non ne vide. Sopra il Picco di Cressogno e sopra la Galbiga il cielo era tutto sereno fino ai monti del lago di Como. Dall’altra parte, sopra Carona, sì, era scuro, ma non poi tanto. Se la marchesa non venisse per paura del tempo! Prese il piccolo vecchio cannocchiale che stava sempre in loggia. Non si vedeva niente. Già, era troppo presto. Per arrivare alla Calcinera alle tre, la marchesa, colla pesante gondola, doveva