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382 | parte ii - capitolo x |
l'agente e n’è invece solamente risospinta più indietro, ad un primo interno moto di consenso alla tentazione.
Sì, l’indomani, o allo sbarco, o sulla Calcinera, o sul sagrato dell’Annunciata ell’affronterebbe la marchesa con disprezzo, le romperebbe la guerra in faccia, la consiglierebbe di guardarsi perché si volevano adoperare contro di lei tutte le legittime armi. Sì, le direbbe così e così farebbe, da sé, da sola, poiché Franco non voleva. Se Franco aveva promesso qualche cosa, ella non aveva promesso niente. Rientrò in loggia, si mise a discorrere con lo zio, a scherzare con Maria, più allegramente che non avesse fatto da molti mesi. Più tardi scrisse un biglietto all’amico avvocato V. pregandolo di venire appena gli fosse possibile. Voleva saper da lui come avrebbe potuto usare delle carte possedute dal Gilardoni. Quindi si rimise a copiare per il notaio di Porlezza. Maria non era contenta di tanto scrivere che faceva la mamma; però, quando la mamma le disse che scriveva per mettere il formaggio nella minestra dello zio, s’affrettò a dire: «e anche nella mia, non è vero, mamma?». Appena fu posta a letto, vedendo che la mamma tornava a scrivere, le venne in mente di chiedere se la nonna di Cressogno avesse il formaggio nella minestra. «Ne ha troppo», rispose Luisa, «e bisogna cavarglielo perché non le faccia male.»
«Oh no, cavarglielo, poveretta!»