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esusmaria, sciora luisa! | 377 |
ispirazione del cielo che le diceva: parla di quella povera gente! Forse è il momento buono. Parla della Maria, «de quel car belee, de quel car ratin, de quel car strafoi!». Ah era stata una ispirazione del diavolo e non del cielo. Aveva cominciato a parlarne, voleva dire quanto era bella, quanto era cara, e quella gran meraviglia di un gran talento così spropositato; e lei, la bruttona, con una faccia «che ghe disi nagòtt», a interrompere: «lasci stare, signora Bianconi; so ch’è molto male educata e altro non può essere». Aveva provato allora a toccare un altro tasto, la disgrazia del signor ingegnere rimasto cieco d’un occhio. E la marchesa: «quando non si è onesti, signora Bianconi, il Signore castiga». Qui la Peppina, guardando Luisa, si pentì delle sue chiacchiere, si pose ad accarezzarla, ad accusarsi d’aver parlato, a dirle che si desse pace. Luisa l’assicurò ch’era tranquillissima, che di nulla si sorprendeva più da parte di quella persona. La Peppina volle ad ogni modo darle un bacio e partì brontolando fra sé molti «poer a mi!» col vago sospetto di aver fatto, senza uova, una gran frittata.
Luisa si alzò, si voltò a guardar verso Cressogno stringendo il pugno. «Almeno uno scudiscio!», pensò. «Almeno frustarla!» L’idea di un incontro, la vecchia idea che l’aveva fatta balzar di passione quattro anni prima, la sera del funerale di sua madre, la stessa idea che le era balenata testè, nel passar da Cressogno, la riafferrò violenta, le