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per il pane, per l'italia, per dio 363

entro due giorni e vuole che la risposta gli sia fatta da me. Io poi capisco che la letteratura del professore le mette soggezione e che ha un gran timore di fare sbaglietti di ortografia. Buon segno!


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Sono stata tre giorni senza scrivere temendo non esser padrona della mia penna, non saper comprimere il mio pensiero dentro parole che devono avere una data misura e non più. Adesso lo posso fare e lo faccio. Sappi però, Franco, che non rispondo esser padrona di me sempre!

È venuto dunque da me, la sera del 15, l’agente di tua nonna. Poiché la rata semestrale de’ tuoi interessi scade il 16 ho creduto che avesse le cinquecento svanziche e gli ho detto senz’altro che andavo a preparargli la ricevuta. Allora il gentilissimo signor Bellini mi disse che la ricevuta mia non gli poteva bastare. «Come», rispondo, «se Le è bastata il 16 marzo?» «Ma!», dice. «I miei ordini!» «Ma Franco non c’è.» «Lo so.» «E allora, cosa è venuto a fare?» «Sono venuto a dirle che il signor don Franco, per avere il denaro deve presentarsi all’agenzia della signora marchesa in Brescia.» «E se non potesse andare a Brescia?» Qui il signor Bellini fece un gesto come per dire: pensateci voi. Io gli risposi che andava bene, gli feci portare il caffè e gli dissi che avrei desiderato comperare dalla signora marchesa le librerie del tuo antico studio di Cressogno. Il Bel-