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per il pane, per l'italia, per dio | 361 |
tosamente, senza salutarmi, nero come l’asso di picche, poiché sono in vena di simili paragoni. Sono sicura che stasera andrà a Cressogno.
Il Cüstant ci ha mandato a regalare una magnifica tinca presa da lui stamattina con gran dispetto del Biancòn che pesca tutto il giorno, non prende niente e si arrabbia perché le tinche, brave! se ne impipano di S. M. I. R. A. e del suo Carlascia. «Poer omàsc!», dice la súra Peppina. «El se mangia el fidegh!». Gli passerà, gli passerà.
Miti sensi, pace amica
Tornan presto a nobil cor;
Dio conservi e benedica
Ferdinando Imperator.
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Ho raccontato allo zio l’episodio Pasotti e n’è stato assai malcontento. «Bel profitto», ha detto, «che ne caverai!» Povero zio, parrebbe un utilitario. Invece è un filosofo. In fondo, di fronte agli sdegni miei per tante brutte cose che sono nel mondo, il suo argomento capitale è «ghe voeur alter!».
Oggi la messa parrocchiale è stata ad Albogasio Superiore. Nell’uscire di chiesa con Maria ho avuto uno sguardo desolato della povera Pasotti che aveva evidentemente l’ordine di evitarmi. Invece è discesa con noi Ester e poi è anche salita in casa e mi ha tenuto, a quattr’occhi, un discorso che da qualche tempo mi aspettavo. Ha cominciato pregandomi di non ridere e ridendo lei. Insomma capisci che il professore, dàlli e dàlli, ha fatto un po’