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358 | parte ii - capitolo ix |
Mississipì, oramai dimenticato. Lo zio le racconta tante vecchie cose che non ha mai raccontato neppure a me. Io non entro, allora, in loggia, perché credo che si apra più volontieri con la piccina sola. Si vogliono un gran bene e non si fanno mai o quasi mai baci né carezze, come se Maria fosse una persona grande.
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Stamattina ho preso con me la Leu, la sorella della Veronica, ch’è clorotica, per condurla a consultare il medico di Pellio; capisci! Abbiamo impiegato due ore e mezzo da Osteno. Tu avresti goduto con entusiasmo la bellezza dei luoghi e della mattina. Io invece non me ne commossi che un momento fra i vecchi castagni di Pellio Superiore, dove voltandosi a guardar giù la valle si scopre, in fondo a quel grande imbuto verde, Porlezza e un pezzetto di lago, una piccola coppa di acqua viva, verde anche quella. Ti ricordi che abbiamo fatto colazione insieme lassù, nel tempo in cui ero ancora signorina e che l’Ester si è accorta di qualche cosa quando mi hai parlato di mia madre?
Ho trovato il mio medico condotto alla fontana di «Pèll sora», fra le pecore, come un patriarca. Gli ho fatto visitare la Leu e poi, allontanata questa, abbiamo parlato. Non sapeva che sei a Torino e al solo nome di Torino mi afferrò e mi strinse le mani come se la moglie d’uno ch’è a Torino fosse già una specie di eroina. Credeva poi che corrispondendo con