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per il pane, per l'italia, per dio | 355 |
nire a Oria è andato a Caprino con alcuni amici suoi e delle Potenze Occidentali a festeggiare la presa di Sebastopoli nella cantina dello Scarselon e là ha bevuto «un cicinìn» e quindi è ritornato a Lugano dove un altro «cicinìn» lo ha fatto dormire come un salame fino a mercoledì mattina. Ha pure dimenticato di spedirti il vasetto di lucido e così lo dovrai aspettare una settimana o pagare, a Torino, tanto più caro, se la provvista è finita. Me ne rincresce assai.
Se Dina ti ha offerto di scrivere qualche appendice teatrale, tanto meglio. Così potrai udire gratis un po’ di musica; benché sono anch’io dell’opinione del vostro Caval di spade che bisogna ricondurre la musica italiana al tamburo. Quanto all’affare Valle Intelvi lodo la tua prudenza. Essa è stata però così grande che non sono certissima d’averti inteso bene. Ho inteso che per preparare, in caso di guerra, un movimento alle spalle dei nostri signori, occorrono alcune persone sicure cui far capo con le opportune comunicazioni da Torino, sia direttamente sia per mezzo del Comitato di Como. A ogni modo andrò io stessa domani a Pellio Superiore dove c’è un medico condotto grande amico di V. e sicurissimo. Parlerò con lui, intanto. Per quella tale fodera sdruscita non ti crucciare. Basta che porti l’abito a Lugano quando verrai. Ci penserò io e posso anche promettere di foderarti le maniche di seta grazie ad una sottana che mia madre mi diceva esser venuta in casa Ribera