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risotto e tartufi 31

sto del luogo e delle persone, s’attaccò a lui come al solo degno, marcatamente, anche per far dispetto agli altri. Ella lo imbarazzò dicendogli forte che non capiva com’egli potesse essersi innamorato dell’orrida Valsolda. Il marchese che vi si era ritirato da molti anni a vita quieta e vi aveva veduto nascere la sua unica figliuola, donna Ester, rimase sulle prime un poco sconcertato di quel discorso insolente verso parecchi dei convitati, ma poi fece una briosa difesa del paese. La marchesa non mostrò turbarsi; il Paolin, il Paolon e il prefetto, valsoldesi, tacevano con tanto di muso.

Pasotti recitò solennemente un ampolloso elogio del «Niscioree» la villa Bianchi, presso Oria. Il Bianchi, leale uomo, che in passato non aveva avuto troppo a lodarsi del Pasotti, non parve gradir l’elogio. Egli invitò la Carabelli al Niscioree. «A piedi no, tu, Eugenia» disse la marchesa, sapendo che l’amica sua era tribolata dallo spavento d’ingrassare. «Bisogna vedere com’è stretta la strada, dalla Ricevitorìa al Niscioree! Tu non ci passi di sicuro.» Donna Eugenia protestò con sdegno. «L’è minga el Cors de Porta Renza» disse il Marchese «ma l’è pœu nanca, disgraziatamente, le chemin du Paradis

«Quell no! Propi no! ghe l’assicuri mi!» esclamò il Viscontini riscaldato, per disgrazia, da troppi bicchieri di Ghemme. Tutti gli occhi si volsero a lui e il Paolin gli disse qualche cosa sottovoce. «Se son matto?» rispose l’ometto, acceso