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340 parte ii - capitolo viii

così padrona di te stessa, sai sempre esprimere i tuoi pensieri così esattamente, li conservi sempre così netti, così freddi!»

Luisa mormoro:

«Sì, siamo diversi».

Non parlarono più né l’uno né l’altro fino a Cressogno. Quando furono vicini alla villa della nonna, Luisa parlò e cercò che il discorso non cadesse fino a che la villa non fosse passata. Si fece ripetere tutto l’itinerario stabilito, suggerì di pigliar la sola borsa a mano perché la valigia imbarazzerebbe troppo da Argegno in poi. Ne aveva già parlato con Ismaele e Ismaele s’incaricava di portarla a Lugano e di spedirla a Torino di là. Intanto la villa della nonna, con le sue suggestioni sinistre, passò.

Ecco il santuario della Caravina, adesso. Due volte, durante i loro amori, Franco e Luisa s’erano incontrati alla festa della Caravina l’otto settembre, sotto gli ulivi. E passò anche la cara piccola chiesa cinta d’ulivi sotto le rupi paurose del picco di Cressogno. Addio, chiesa, addio, tempo passato.

«Ricordati», disse Franco quasi duramente «che Maria deve dire le sue preghiere ogni mattina e ogni sera. È un comando che ti dò.»

«Lo avrei fatto anche senza comando», rispose Luisa. «So che Maria non appartiene solo a me.»

Silenzio fino a Porlezza. L’uscir dalla cala pla-