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334 | parte ii - capitolo viii |
alzò per andar a vedere cos’avesse, ma era senza lume. Allora attese un poco pensando che andrebbe Luisa. Non udì alcun movimento e la bambina piangeva sempre più forte. Si accostò pian piano al salotto, guardò per il vetro dell’uscio.
Luisa teneva le braccia incrociate sulla tavola e il viso appoggiato alle braccia. Non si vedevano, al lume della candela, che i suoi bei capelli bruni. Franco si sentì cadere la collera, aperse l’uscio e chiamò a mezza voce con certa severa dolcezza: «Luisa, Maria piange». Luisa levò il viso pallidissimo, prese la candela e uscì senza dir parola. Suo marito la seguì. Trovarono la bambina a sedere sul letto, tutta piangente, spaventata da un sogno. Quando vide suo padre gli stese le braccia supplicandolo con la voce grossa di pianto: «no via, papà, no via, papà!». Franco se la strinse in braccio, la coperse di baci, la chetò, la ripose nel letticciuolo. Ella si teneva stretta una mano del papà, non la voleva in alcun modo lasciare.
Luisa prese un’altra candela sul suo tavolino da notte, volle accenderla e non le riusciva, tanto le tremavano le mani. «Non vieni a letto?», le chiese Franco. Ella rispose «no» tremando più di prima. Franco credette indovinar in lei una supposizione, un timore, e se ne offese. «Oh, puoi venire!», diss’egli sdegnoso. Luisa accese il lume e disse più pacatamente che doveva lavorare alle scarpette. Uscì e solamente sulla soglia mormorò: «buona notte». Franco rispose asciutto: «buona