Pagina:Piccolo Mondo Antico (Fogazzaro).djvu/33


risotto e tartufi 29

mestico, meravigliata di quella immobilità, di quelle facce sbalordite, inarcò le sopracciglia, interrogò con gli occhi ora suo marito, ora il Puria, ora il prefetto, sino a che una fulminea occhiata di Pasotti petrificò lei pure. «Se fosse bruciato il pranzo!» pensava componendosi un viso indifferente. «Se ci mandassero a casa! Che fortuna!» Dopo due minuti il domestico ritornò e fece un inchino.

«Andiamo» disse la marchesa, alzandosi.

La comitiva trovò in sala da pranzo un personaggio nuovo, un vecchietto piccolo, curvo, con due occhietti buoni e un lungo naso spiovente sul mento.

«Veramente, signora marchesa» disse costui tutto timido e umile «io avrei già pranzato.»

«Si accomodi, signor Viscontini» rispose la marchesa che sapeva praticare l’arte insolente della sordità come tutti coloro che assolutamente vogliono un mondo secondo il proprio comodo e il proprio gusto.

L’ometto non osò replicare, ma neanche osava sedere.

«Coraggio, signor Viscontini!» gli disse il Paolin che gli era vicino. «Cosa fa?»

«Fa il quattordici di coppe» mormorò il prefetto. Infatti l’ottimo signor Viscontini, accordatore di pianoforti, venuto la mattina da Lugano per accordare il piano dei signori Zelbi di Cima e quello di don Franco, aveva pranzato al tocco a