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318 | parte ii - capitolo viii |
«Via!», riprese Pasotti freddo e beffardo. «C’intendiamo bene!»
Una vampa di collera riaccese il sangue a Franco. «Ma no!», diss’egli. «Fuori! parla! Cosa ne sai tu di testamenti?»
«Ah!», fece Pasotti con ironica dolcezza. «Adesso va benissimo.»
Franco l’avrebbe strozzato.
«Sono stato a Lodi, non te l’ho detto? Dunque so.»
Franco, fuori di sé, protestò di non capire niente.
«Oh già!», riprese Pasotti, beffardo più di prima. «Lo informerò io, il signore. Sappia dunque che il signor professore Gilardoni, il quale non è affatto amico Suo, si è recato in fine di dicembre a Lodi, e si è presentato alla marchesa con una copia senza valor legale di un preteso testamento del povero Suo nonno. In questo testamento Ella, signor don Franco, è istituito erede universale con accompagnamento di offese atroci alla moglie e al figlio del testatore. Ecco che adesso Ella sa. Del resto il signor Gilardoni è stato fedele alla consegna, ha detto di esser venuto di suo capo, senza farne saper niente a voi.»
Franco ascoltò, livido come un cadavere, sentendosi oscurar la vista e l’anima, raccogliendo tutte le sue forze per non smarrirsi, per dare una risposta degna.
«Hai ragione», diss’egli. «Anche la nonna ha