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ore amare | 315 |
Pasotti col bastone perchè s’intrometteva troppo nelle faccende di casa sua). «Basta. Avendo saputo che tua nonna era a Lodi, domenica scorsa mi son detto: dopo tanti dispiaceri che hanno avuto i Maironi, forse questo è il momento. Andiamo, tentiamo. E sono andato.
Pausa. Franco fremeva. Che razza d’intercessore gli era capitato? E chi aveva chiesto intercessioni?
«Debbo dirlo» riprese Pasotti «sono contento. Tua nonna ha le sue idee, ha un’età in cui le idee difficilmente si cambiano, ha il carattere che sai, molto ferma, ma insomma il cuore c’è. Ti vuol bene, sai. Soffre. Vi è una lotta continua, dentro di lei, fra i suoi sentimenti e i suoi principii; anche, se vuoi, tra i suoi sentimenti e i suoi risentimenti. Povera marchesa! È penoso di vedere come soffre; ma insomma piega, piega. Certamente non bisogna mica aspettarsi poi troppo. Piega ma non fino a spezzare ciò che la sostiene, i suoi principii, voglio dire: sopra tutto i suoi principii politici.»
Gli occhi di Franco, le mascelle inquiete, un sussulto di tutta la persona dissero a Pasotti: non toccar questo punto, bada a te! Pasotti si fermò; gli era forse venuto in mente il bastone del fu don Alessandro.
«Ti capisco» riprese. «Credi che non ti capisca? Io mangio il pane del Governo e devo tenermi chiuso nel cuore ciò che penso, ma del resto sono con te, sospiro il momento in cui certi colori cederanno il posto a certi altri. Tua nonna non è