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ore amare 313

non era l’uomo da venire ad avvertirnelo! E tutto quel voltafaccia di amabilità? Non si voleva che egli andasse a Torino, forse. Non si voleva che trovasse una strada buona, un modo di sottrarre sè e i suoi alla povertà, ai commissarii e ai gendarmi! Pensa e ripensa, non poteva esser che questo. Luisa n’era poco persuasa, in cuor suo. Temeva altra cosa; non dubitava però neppur lei che Pasotti sapesse di Torino e ciò scompigliava tutte le sue supposizioni. Insomma non c’era che andare e udire.



Franco andò alle otto, Pasotti lo ricevette colla più affettuosa cordialità e gli fece le scuse di sua moglie ch’era già a letto. Prima d’entrar in argomento volle assolutamente che pigliasse un bicchiere di S. Colombano e una fetta di panettone. Col vino e col dolce Franco dovette inghiottire, suo malgrado, molte dichiarazioni di amicizia, i più sperticati elogi di sua moglie, di suo zio e di lui stesso. Vuotato finalmente il bicchiere ed il piatto, il mellifluo bargnìf si mostrò disposto ad entrare in materia.

Erano seduti a un tavolino, l’uno in faccia all’altro. Pasotti, appoggiato comodamente alla spal-