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ore amare 311

Ester prese congedo e il professore che aveva ottenuto il perdono della capricciosetta, perfidetta signorina a patto di non domandare il paradiso, ebbe licenza di accompagnarla a casa.

I Pasotti non potevano salire ad Albogasio Superiore fino a che il mezzadro, fatto avvertire subito, non avesse posto loro in ordine e riscaldata almeno una stanza. Parlò subito di piantare un tarocchino in tre con l’ingegnere e Franco. Allora se ne andò anche la signora Peppina e la Pasotti chiese a Luisa di ritirarsi un momento, la pregò di accompagnarla. Appena fu sola coll’amica nella camera dell’alcova si guardò attorno con due occhioni spaventati e poi sussurrò: «sèm minga chì per la bügada neh, sèm minga chì per la bügada!» Luisa la interrogò silenziosamente, col viso e col gesto, perchè a parlar forte in sala avrebbero udito. Stavolta la Pasotti capì, rispose che non sapeva niente, che suo marito non le aveva detto niente, che le aveva imposto la storia del bucato ma che del bucato a lei non importava nulla. Allora Luisa prese un pezzo di carta e scrisse: «cosa sospetti?». La Pasotti lesse e poi cominciò una mimica complicatissima. Scrollamenti del capo, stralunamenti d’occhi, sospiri, invocazioni al soffitto; pareva che si combattesse dentro di lei una gran battaglia di timori e di speranze. Finalmente fece «ah!» afferrò la penna e scrisse sotto la domanda di Luisa:

«La marchesa!»