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304 | parte ii - capitolo viii |
«Verrai anche tu, zio, in Piemonte» gli disse Franco alzandosi commosso da quell’abbraccio. «Se posso appena guadagnarmi quel che strettamente bisogna vi faccio venire tutti.»
«Eh no, caro. Son troppo vecchio, non mi muovo più.»
«Ebbene, verrò io questa primavera con duecentomila miei amici.»
«Eh sì! Düsent mila zücch! Belle idee, belle speranze! — Oh, è qui, signorina Ombretta Pipì?»
Ombretta Pipì, così Maria era chiamata in casa nei momenti di buon umore, entrò impettita e grave. «Buon giorno, zio. Mi dici l’Ombretta Pipì?»
Suo padre la prese e la posò sul letto dello zio che la raccolse a sè sorridendo, se la fece sedere sulle gambe.
«Venga qua, signorina. Ha dormito bene? E la bambola, ha dormito bene? E il mulo, ha dormito bene? Ah non c’era? Tanto meglio. Sì sì, adesso vengo con l’Ombretta. E un bacio, niente? E un altro, no? Allora bisogna proprio dire:
Ombretta sdegnosa
Del Missipipì.
Non far la ritrosa
E baciami qui.
Maria lo ascoltò come se udisse i versi per la prima volta; e poi, fuori a ridere, a saltare, a batter le mani. E lo zio rideva come lei.
«Papà» diss’ella facendosi seria. «Perchè piangi? Sei in castigo?»