Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
296 | parte ii - capitolo viii |
veri toccati a passeggio, la guardò sottocchi col solito risolino timido e provocatore, mise ancora fuori il suo «cosa, silenzio?» La mamma finse di non udire ed ella insistette. Luisa la fermò allora con un «basta!» così insolitamente vibrato che la boccuccia di Maria si aperse piano piano e le lagrime scoppiarono. Lo zio fece «ho povero me!» e Franco diventò scuro, si capì che disapprovava sua moglie. Poichè Maria piangeva e piangeva, si sfogò addosso a lei, la prese tra le braccia, la portò via che strillava come un’aquila. «Meglio ancora!» esclamò lo zio. «Bravissimi!» «Lasci un po’ fare, Lei» gli disse la Cia mentre Luisa taceva. «I genitori devono farsi ubbidire, già.» «Ma sì, così mi piace» le rispose il padrone, «mettete fuori anche voi la vostra sapienza.» Ella si azzittì tutta ingrugnata.
Intanto Franco, piantata Maria in un angolo dell’alcova, ritornò e brontolò qualche parola sul voler far piangere i bambini per forza, percui Luisa s’imbronciò alla sua volta, andò in cerca di Maria, la ricondusse lagrimosa ma silenziosa. Il breve desinare finì male perchè Maria non volle più mangiare e tutti erano imbronciati per una ragione o per l’altra, meno lo zio Piero il quale si mise ad arringar Maria con dei predicozzi mezzo serii mezzo scherzosi, tanto che le fece tornare un po’ di sole in viso. Dopo pranzo Franco andò a vedere di certi vasi che teneva nel sotterraneo sotto il giardinetto pensile e prese Maria con sè, la interrogò