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è giuocato 289

«Faccia silenzio!» gl’intimò il Commissario. «Del resto Ella non deve credere che l’I. R. Governo abbia paura di Lei. È libero di andare. Solamente deve lasciar Lodi entro due ore!»

Qui Franco avrebbe capito subito di dove veniva il colpo; il filosofo non capì.

«Son venuto» diss’egli «a Lodi per un affare urgente che non ho finito, per un interesse privato gravissimo. Come posso partire dentro due ore?»

«Con una vettura. Se, trascorse due ore, Ella è ancora in Lodi, La faccio arrestare.»

«La mia salute» replicò la vittima «non mi permette di viaggiare di notte in dicembre.»

«Ebbene, La farò arrestare subito.»

Il povero filosofo prese in silenzio il suo cappello e uscì.

Un’ora dopo egli partiva per Milano in un calessino chiuso, con i piedi nella paglia, con una coperta sulle gambe, con una gran sciarpa al collo, pensando che aveva pur fatto una bella spedizione e inghiottendo saliva ogni momento per sentir se gli doleva la gola. Notte infame, davvero; ma non la passò sulle rose neppur la signora marchesa.