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260 parte ii - capitolo vi

dal canto suo la prima cosa a fare era di bere il suo latte e la seconda di andarsene a letto. Ma no, gli venne un altro pensiero. Aperse l’uscio della sala e visto tutto buio, andò in cucina, accese una lanterna, la portò in loggia, spalancò una finestra e, visto che nevicava senza vento, posò il lume sul davanzale, onde quella gente poetica potesse dirigersi ritornando a casa per il lago tenebroso. Dopo di che se n’andò a dormire.



Nella vecchia barca di casa l’ingegnoso Franco aveva architettato una specie di felze per l’inverno con due finestrini ai lati e un usciolino a prora. Ora i sei viaggiatori vi stavano attorno a un minuscolo tavolino, sul quale ardeva una candela. Vedendo l’espressione estatica del professore ch’era seduto in faccia a Ester, Franco si divertì a spegner il lume e osservò che la filosofia poteva trovarsi male al buio, ma che la poesia ci si trovava benissimo.

Infatti i pensieri suoi e de’ suoi compagni, prima raccolti intorno al lume, uscivano adesso per il vetro dell’usciolino dietro un chiaror fioco dove si vedeva la prora della barca, già biancastra di neve sul lago immobile e nero. E le immaginazioni lavoravano. A chi pareva di andar verso Osteno, a