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il segreto del vento e dei noci 247

tizia e gli occhi le brillavano di questo mistero gaudioso. La marchesa aveva scritto a Pasotti e nella lettera c’era un periodo che la Barborin aveva imparato a mente: «Ho appreso con vivo dispiacere (vivo dispiacere, gh’è sü inscì) il triste fatto di Oria... di Oria... (spètta) il triste fatto di Oria... (ah!) e benchè mio nipote nulla meriti, (ciào, quèll pacienza!) desidero non abbia cattive conseguenze.» Il periodo non ebbe un gran successo. Luisa fece il viso scuro e non parlò; Franco guardò sua moglie e non osò metter fuori il commento favorevole che aveva nella bocca ma non, per verità, nel cuore. La povera Barborin che aveva approfittato dell’andata di suo marito a Lugano per correre a portar il suo zuccherino, rimase assai mortificata, guardava contrita ora Luisa ora Franco e finì con togliersi di tasca uno zuccherino vero e proprio onde darlo a Maria. Poi avendo capito che gli sposi desideravano partire in barca e struggendosi di stare un po’ con Maria, tanto disse e fece che quelli se ne andarono lasciando l’incarico alla Veronica di metter la bambina a letto un po’ tardi.

Maria non parve gradir molto la compagnia della sua vecchia amica. Taceva taceva ostinatamente e non andò molto che spalancò la bocca e scoppiò in lagrime. La povera Pasotti non sapeva che Santi invocare. Invocò la Veronica, ma la Veronica discorreva con una guardia di finanza e non udì o non volle udire. Offerse anelli, l’orologio, persino il cappellone da viceregina Beauharmais, ma nulla