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236 | parte ii - capitolo iv |
che bisognava risponder subito, risponder netto, sì o no, e convenne bene che la vecchia piegasse il capo. «Per compiacere a Sua Eccellenza» disse ella. Greisberg tornò subito amabile, scherzò sulle misure che si potrebbero prendere contro quel signer ingegnere. Non c’era da sparger sangue, c’era da spargere, tutt’al più, un po’ d’inchiostro; non c’era da togliergli la libertà, c’era da rendergliela intera! La marchesa non fiatò. Fece portare due limonate e sorbì lentamente la sua a piccoli sorsi, non senza una fioca espressione di contentezza fra un sorso e l’altro, come se ci fosse nella limonata un sapore nuovo e squisito. Il cavaliere avrebbe pur voluto da lei una parola esplicita su questo punto del Ribera, una confessione del suo desiderio, e posando sul vassoio la tazza vuotata rapidamente, le disse: «mi ci metterò io, sa, e ci riusciremo, a questo. È contenta?»
La marchesa continuò a sorseggiare la limonata, piano, piano, guardando nel bicchiere.
«Non va bene?» domandò ancora il cugino dopo un'inutile attesa.
«Sì, è buona» rispose il sonnolento naso. «Bevo adagio per i denti.»
Gli ultimi bisbigli non furono umani. Luisa e Franco erano seduti sull’erba di Looch, presso al