Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
232 | parte ii - capitolo iv |
quale era ospite da poche ore. Il cavaliere, un bell’uomo sulla quarantina, azzimato e profumato, non aveva un’aria molto gaia mentre ritto in mezzo alla sala di ricevimento, stava guardando gli antichi stucchi del soffitto in aspettazione della marchesa, loro contemporanea. Però, quando l’uscio in faccia, spalancato da una mano servile, lasciò passar lentamente la grossa persona, il viso marmoreo e la parrucca nera di Madama, il cavaliere si trasfigurò e baciò con fervore la mano grinzosa della vecchia. Una dama lombarda devota all’Austria era un animale raro e di gran pregio agli occhi dell’Imperial Regio Governo: ogni leale funzionario le doveva la più ossequiosa galanteria. La marchesa ricevette gli omaggi del cugino cavaliere con la solita flemmatica dignità e fattolo sedere, gli domandò notizie dei suoi, lo ringraziò della visita, sempre nello stesso tono gutturale e dormiglioso. Finalmente, posatesi le mani sul ventre, ansando un poco per la fatica di tante parole, mostrò di star ad aspettare quelle del cugino.
Aspettava che le parlasse della perquisizione e dell’ingegnere Ribera. Ella gli aveva espresso in passato il suo dispiacere che Franco subisse la influenza di sua moglie e del Ribera, il suo stupore che il governo tenesse al proprio stipendio uno che nel 1848 aveva fatto apertamente il liberale e la cui famiglia, specialmente quella signorina della trappola, professava il più sfacciato liberalismo. Il cavaliere Greisberg le aveva risposto che di queste