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con i guanti 209

chiamò suo marito. Il Commissario si voltò al suo zelante accolito e gli disse bruscamente: «lasci stare!»

La Pasotti partiva e voleva salutare Franco. Questi desiderava farla uscire per il giardino ma ella, volendo evitare le cerimonie con quegli altri signori, preferì di scender per la scala interna e Franco l’accompagnò fino alla porta di strada, che era aperta. Con suo grande stupore, la Pasotti, invece di uscire, chiuse la porta e si mise a fargli una mimica concitata, affatto inintelligibile, accompagnandola di sospiri tronchi e di stralunamenti d’occhi; dopo di che si levò di tasca una lettera e gliela porse.

Franco lesse, si strinse nelle spalle e intascò la carta. Poi, siccome la Pasotti consigliava, con la sua mimica disperata, fuga fuga, Lugano Lugano, la rassicurò con un gesto, sorridendo. Colei gli afferrò ancora una volta le mani, scosse ancora, con un fremito di supplica, il cappellone inclinato a destra e i due lunghi riccìoli neri. Poi spalancò gli occhi, porse le labbra in fuori quanto potè, si calcò l’indice sul naso nel segno del silenzio. «Anca con Pasott!» diss’ella; e furono le sole sue parole durante tutta questa spiegazione; dopo le quali scappò.

Franco risalì le scale, pensando ai casi suoi. Poteva essere un falso allarme, poteva essere una cosa seria. Ma perchè mai lo si sarebbe arrestato? Cercò di ricordare se avesse in casa qualchecosa