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14 | capitolo i |
trattava, adesso. Non lo voleva intendere, neanche quando suo marito le cacciò in mano, per forza, un pacchetto di carte schifose.
Ma per ora non era possibile di giuocare. La barca avanzava faticosamente, a forza di remi, verso la foce del fiume di S. Mamette dove si sarebbe potuto alzar la vela, e i cavalloni sbattuti indietro dalle rive si azzuffavano con i sopravvegnenti, facevano ballare il battello fra un bollimento di creste spumose. La signora piangeva. Pasotti imprecava a Pin che non s’era tenuto bastantemente al largo. Allora il curatone, afferrati due remi, ben piantata la gran persona in mezzo al battello, si mise a lavorar di schiena, tanto che in quattro colpi si uscì dal cattivo passo. La vela fu alzata, e il battello scivolò via liscio, a seconda, con un sommesso gorgoglìo sotto la chiglia, con un ondular lento e blando. Il prete sedette allora sorridente accanto alla signora Barborin che chiudeva gli occhi e mormorava giaculatorie. Ma Pasotti batteva impaziente il mazzo dei tarocchi sul tavolino e bisognò giuocare.
Intanto la pioggia grigia veniva avanti adagio adagio, velando le montagne, soffocando la breva. La signora andava ripigliando fiato a misura che ne perdeva il vento, giuocava rassegnata, pigliandosi in pace gli spropositi propri e le sfuriate di suo marito. Quando la pioggia incominciò a mormorar sulla tenda del battello e sull’onda morta che andava tuttora, quasi senz’aria, agli scogli del