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la sonata del chiaro di luna, ecc. 175

«La filosofia, caro professore» interloquì lo zio, solennemente «l’è tutta in Aristòtel; quell che te pódet avè, tòtel.»

«Lei scherza» ribattè il professore «ma Lei pure è un filosofo.»

L’ingegnere gli posò una mano sulla spalla:

«Sentite, caro amico, la mia filosofia in vott o des biccièr la ci sta tutta.»

«Euh, vott o des biccièr!» borbottò la governante che udì, entrando, questa spacconata d’intemperanza del suo misuratissimo padrone. «Vott o des corni!»

Veniva ad annunciare don Giuseppe Costabarbieri che fece in pari tempo udire dalla sala un cavernoso e pure ilare Deo gratias. Ecco la rugosa faccia rossa, gli occhi allegri, i capelli bianchi del mansueto prete.

«Si discorre di filosofia, don Giuseppe» disse Luisa dopo i primi saluti. «Venga quì e metta fuori le Sue belle idee anche Lei!»

Don Giuseppe si grattò la nuca e poi volgendo un po’ il capo verso l’ingegnere con lo sguardo di chi desidera una cosa e non osa domandarla, mise fuori il fiore delle sue idee filosofiche:

«Sarissel minga mej fà ona primerina?»

Franco e lo zio Piero, felici di salvarsi dalla filosofia del Gilardoni, si misero allegramente a tavolino col prete.

Appena rimasto solo con Luisa, il professore disse piano: