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risotto e tartufi 13

«To’ to’, il signor Controllore!» e ne sbucò un pretone rubicondo, con una pancia gloriosa, un gran cappello di paglia nera, il sigaro in bocca e l’ombrello sotto il braccio.

«Oh, curatone!» esclamò Pasotti. «Bravo! È di pranzo? Viene a Cressogno con noi?»

«Se mi toglie!» rispose il curato di Puria, scendendo verso il battello. «To’ to’ che c’è anche la signora Barborin!»

Il faccione diventò amabile amabile, il vocione dolce dolce.

«Ha in corpo una paura d’inferno, povera diavola» ghignò Pasotti, mentre il curato faceva degli inchinetti e dei sorrisetti alla signora, cui quel minacciato soprappiù di peso metteva un nuovo terrore. Ella si pose a gesticolare in silenzio come se gli altri fossero stati sordi peggio di lei. Additava il lago, la vela, la mole del curato enorme, alzava gli occhi al cielo, si metteva le mani sul cuore, se ne copriva il viso.

«Peso mica tanto» disse il curato, ridendo. «Tâs giò, ti!» soggiunse rivolto a Pin, che aveva sussurrato irriverentemente: «Ona bella tenca».

«Sapete» esclamò Pasotti «cosa faremo perchè le passi la paura? Pin, hai un tavolino e un mazzo di tarocchi?»

«Magari un po’ unti» rispose Pin «ma li ho.»

Ci volle del buono per far capire alla signora Barbara, detta comunemente Barborin, di che si