Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
152 | parte ii - capitolo i |
e d’un cappellone di paglia nera, il piccolo, magro, occhialuto don Brazzova, parroco di Albogasio, rispecchiato dall’acqua limpida, contemplava. In un orto di Albogasio inferiore, fra la riva del Ceròn e la riva di Mandroeugn, un altro patrizio in giacchetta e scarponi, il fabbriciere Bignetta, detto el Signoron, duro e solenne sopra una sedia del settecento con la famosa bacchetta in mano, vigilava e contemplava. Sotto il fico di Cadate stava in contemplazione don Giuseppe Costabarbieri. A S. Mamette pendevano sull’acqua e contemplavano con grande attività il medico, lo speziale, il calzolaio. A Cressogno contemplava il florido cuoco della marchesa. In faccia a Oria, sull’ombrosa spiaggia deserta del Bisgnago, un dignitoso arciprete della bassa Lombardia usava passar ogni anno quaranta giorni di vita contemplativa. Contemplava solitario, vescovilmente, con tre bacchette ai piedi, i relativi tre pacifici sugheri, due con gli occhi e uno col naso. Chi passando per l’alto lago avesse potuto discernere tutte queste figure meditabonde, inclinate all’acqua, senza veder le bacchette né i fili né i sugheri, si sarebbe creduto nel soggiorno d’un romito popolo ascetico, schivo della terra, che guardasse il cielo giù nello specchio liquido, solo per maggiore comodità.
In fatto tutti quegli ascetici pescavano alle tinche e nessun mistero dell’avvenire umano aveva per essi maggior importanza dei misteri cui arcanamente alludeva il piccolo sughero, quando, posse-