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giunta dai grossi occhi feroci del suo Carlascia, si ritirò frettolosamente.

«Senta senta senta», fece il Commissario coprendosi la fronte e stringendosi le tempie colla mano sinistra. «Oh!» esclamò a un tratto, nel raccapezzarsi. «Ecco, volevo sapere se, adesso, l’ingegnere Ribera è a Oria.»

«Non c’è, ma verrà fra pochissimi giorni, credo.»

«Spende molto, l’ingegnere Ribera, per questi Maironi?»

«Spende molto, sicuro. Non credo che di casa sua don Franco abbia più di tre svansiche al giorno. Lei poi....» Il Ricevitore si soffiò sul palmo della mano. «Dunque capisce. Hanno la donna di servissio. C’è una bambina di due anni o chè; ci vuole la ragassa per curare la bambina. Si fanno venire fiori, libri, musica, el diavol a quatter. Alla sera si giuoca a tarocchi, c’è la sua bottèglia. Ce ne vogliono così delle svansiche, mi capisce!»

Il Commissario riflettè un poco e poi, con una faccia nebulosa, con gli occhi al soffitto, con certe parole sconnesse che parevano frammenti d’oracolo, fece intendere che l’ingegnere Ribera, un I. R. impiegato favorito recentemente dall’I. R. Governo di una promozione in loco, avrebbe dovuto esercitare sui nipoti una influenza migliore. Quindi con altre domande e con altre osservazioni che concernevano specialmente le presenti debolezze dell’ingegnere, insinuò al Bianconi che le sue attenzioni paterne dovevano rivolgersi con particolare segre-