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138 | capitolo vi |
Franco si guardò dal raccontar la cosa a sua moglie, ed ella benchè sapesse delle lettere spedite a Cressogno, non domandò che dopo il funerale, parecchie ore dopo, se la nonna avesse risposto. Il piccolo salotto, la piccola terrazza, la piccola cucina erano stati pieni di gente tutto il giorno, dalle nove della mattina alle nove della sera. Alle dieci Luisa e Franco uscirono di casa senza lanterna, presero a destra, attraversarono pian piano, silenziosamente, le tenebre del villaggio, toccarono la svolta chiara e ventosa cui sale il fragor profondo del fiume di S. Mamette, entrarono nelle ombre, nel forte odore dei noci di Looch. Poco prima di giungere al cimitero, Luisa domandò sottovoce a suo marito: «Sai niente di Cressogno?» Egli avrebbe pur voluto nasconderle almeno in parte il vero e non lo potè. Disse che il suo biglietto gli era stato rimandato e Luisa volle sapere se almeno la nonna avesse scritto allo zio una parola di condoglianza. Il «no» di Franco fu così incerto e quasi trepidante che, non subito ma pochi passi dopo, Luisa ebbe un lampo di sospetto e si fermò di colpo, afferrò il braccio di suo marito. Franco, prima ch’ell'aprisse bocca, intese, l’abbracciò come aveva abbracciato lo zio, con impeto ancor maggiore, le disse di prender il suo