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il bargnif all'opera | 121 |
di cartone che le piaceva metter nelle faccende più lontane degli altri, dove il suo proprio naso di cartapecora, benchè smisurato, non arrivava. Ell’accolse il Controllore, come avrebbe accolto un Santo taumaturgo che fosse venuto a portarle via il gozzo.
«Oh che brao scior Controlòr! Oh che brao scior Controlòr! Oh che piasè! Oh che piasè!»
E lo fece sedere, lo soffocò di offerte.
«On poo de torta! On poo de crocant! Car el me scior Controlòr! On poo de vin! On poo de rosoli! - Ch’el me scüsa neh» soggiunse perchè il marmocchio s’era messo a miagolare. «L’è el me nevodin, neh. L’è el me biadeghin.»
Pasotti fece molte cerimonie, avendo già nello stomaco, oltre alle ciliege di don Giuseppe, anche la birra del Gilardoni; ma dovette finire col rassegnarsi a rosicchiare una dannata torta di mandorle mentre il piccino si attaccava al gozzo della nonna.
«Povera signora Cecca! Due volte madre!» disse pateticamente, a quella vista, il sarcastico bargnìf, ridendo nello stomaco. Dopo averle chiesto notizie del marito e dei discendenti fino alla terza generazione, mise in campo la signora Teresa Rigey. Come stava quella povera donna? Male? Proprio tanto male? Ma da quando? E c’era stata qualche cagione? Qualche commozione? Qualche dispiacere? Gli antichi si conoscevano, ma ce n’erano stati dei nuovi? Forse per la Luisina? Per quel