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il bargnif all'opera 113

lontana, con cautela, ma trovò duro, capì ch’era fatica gittata e che doveva accontentarsi di quell’accenno. Allora tacque, ritornò, tra soddisfatto e preoccupato, nella stanza dove don Giuseppe stava spiegando alla signora Barborin, con gesti appropriati, che la Maria le avrebbe portato qualche cosa da mangiare. La donna comparve infatti con un certo vaso quadrato di vetro, pieno di ciliege allo spirito, speciale e celebrata cura di don Giuseppe che soleva presentarlo agli ospiti con solennità, parlando il suo particolare italiano: «Posso fare un poco di sporgimento? Quattro delle mie ciliege? Magara con un tocchello di pane? Maria, tajee giò on poo de pan.»

La signora Barborin pigliò solamente il pane per consiglio del mefistofelico marito che pigliò solamente le ciliege. Poi se ne andarono insieme ed ella ebbe licenza di ritornare ad Albogasio mentre il Controllore prese la via di casa Gilardoni.

«L’è on bargnìf, el scior Pasotti» disse la Maria quand’ebbe dato il chiavistello all’uscio di strada.

«L’è on bargnifòn, minga on bargnìf» esclamò don Giuseppe, pensando all’amo. E con quell’appellativo di «bargnìf» che designa il diavolo considerato nella sua astuzia, le due mansuete creature si sfogarono, si ripagarono di tanta roba data malvolontieri, cerimonie, sorrisi e ciliege.