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il bargnif all'opera 109

un bel pretazzuolo, piccolo, grosso, dai capelli bianchi e dalla faccia vermiglia, dagli occhietti lucenti, se ne stava presso al fico del suo giardino con un cappello di paglia nero in capo e un fazzoletto bianco al collo, a pescare i cavedini, certi cavedinacci di libbra, vecchioni e furbacchioni, che si vedevano aggirarsi lì sotto per amor de’ fichi, lenti lenti, curiosi e cauti come il prete e la serva. Costei, chi sa dove fosse. Pasotti, trovata aperta la porta di strada, entrò, chiamò don Giuseppe, chiamò Maria. Poichè nessuno rispondeva, piantò sua moglie sopra una seggiola e discese in giardino, andò diritto al fico dove don Giuseppe, al vederlo, fu preso da un accesso di convulsioni cerimoniose. Buttò via la canna da pescare e gli andò incontro vociferando: «Oh Signor, oh Signor! Oh poer a mi! In sto stat chi! Car el me scior Controlòr! Andem sü! Andem sü! Car el me scior Controlòr! In sto stat chi! Ch’el scüsa tant, neh! Ch’el scüsa tant!». Ma Pasotti non voleva saperne di «andar su;» voleva a forza restar lì. Don Giuseppe si mise a vociare «Maria! Maria!» Ecco il faccione della Maria ad un finestrino dell’ultimo piano.

Don Giuseppe le gridò di portar giù una seggiola. Allora il signor Controllore rivelò la presenza di sua moglie, onde il faccione scomparve e don Giuseppe ebbe un altro accesso.

«Comè? Comè? La sciora Barborin? L’è chì? Ah Signor! Andem sü!» E si mosse con un impeto di ossequio, ma Pasotti lo ridusse all’obbe-