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come i confini impostici dalla guerra del 1866 avessero lasciate le chiavi di casa nostra in mano dei nemici; ai soldati che han visto con i loro occhi quale pericolo sieno, in mano degli Austriaci, le grandi fortezze sulle Alpi del Trentino, dominanti le nostre posizioni; ai soldati che han visto quale perpetua minaccia sieno le alture fortificate del Carso, per la nostra pianura tutta aperta dai monti di Cividale alle lagune di San Giorgio di Nogaro, — vi diranno convinti che facciamo la guerra per conquistarci una linea di confine giusta e secura, per non aver domani gli Austriaci a casa nostra.

Se lo domandate ad uno dei soldati che combattono nelle terre italiane sino a poco fa soggette all’Austria, e sono testimoni di tutte le violenze, di tutte le oppressioni con le quali l’Austria voleva cancellare dalle anime e dalle terre ogni segno d’italianità, egli vi dirà che siamo entrati in guerra per liberare i nostri fratelli italiani soggetti allo straniero.

I valorosi marinai che conoscono bene tutte le nostre coste adriatiche, pericolosamente scoperte, e tutte le coste dell’altra sponda, dove i nemici hanno golfi e porti riparati e protetti, e gruppi d’isole e canali tortuosi per annidarsi e minacciarci di continuo, vi diranno: — Si combatte per riavere le basi navali che l’antica Roma e la Venezia antica avevano conquistate e stimavano necessarie per la nostra sicurezza.

L’aviatore che ha volato sopra l’Istria, sopra la Dalmazia ed ha veduto per tutto grandi anfiteatri, templi, colonne ed archi romani, e fortezze e mura veneziane, vi dirà che facciamo la guerra per riprendere la roba che è nostra, perchè l’Italia dell’altra sponda è l’Italia sacrosanta quanto questa.