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I nostri allora escono, senza sospetto; ma si sono appena avvicinati, che ad un tratto gli Austriaci si gettano a terra, tutti insieme, e dalla trincea, dietro ad essi, parte una scarica di fucileria.

— Ah, traditori! A noi, figliuoli! Savoia! I nostri si scagliano alla baionetta, per punire l’inganno; e la furia è tale, che in un momento hanno occupato la trincea, e la oltrepassano e spezzerebbero anche la seconda linea austriaca, se l’ordine non fosse di ritornare.

Tra i più valorosi — indovinate un po’ — tra quelli che si sono spinti più innanzi, è il nostro Saponetta, il quale ha dimenticato la prima ferita, se n’è buscata un’altra, meno leggiera, ma s’è pur guadagnato quel bel segno di ardito che sta tanto bene sulla manica grigio-verde della divisa.

Perciò ora gli sta benissimo anche il suo nome di Vittorio, nome glorioso di Re, soldati e galantuomini. Ora, nessuno più lo chiama Saponetta. Anzi, quando Naso se ne scorda, si corregge subito ridendo: — Sap.... Sapresti dirmi, Vittorio.... — e gli domanda una cosa qualunque, tanto per dire: gli domanda, per esempio dove, nasca la pianta del coraggio.

— Nasce nei campi — risponde Vittorio — dove si falcia l’erba traditora.

Ed ha ragione. Certi ragazzi timidi come lui, son divenuti leoni dopo che hanno conosciuto la slealtà, il tradimento dei nostri nemici.