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sato il polpaccio, senza però fargli gran che, ed è andata a conficcarsi nel tronco d’un albero abbattuto.

— Così la puoi conservare — dice Naso, che è accorso premurosamente per assistere il compagno: — e magari puoi lavarla col sapone! Ora che non t’ha ammazzato, chi sa la fortuna che ti porterà!

— Credevo molto peggio, — ammette il ragazzo, e prega Naso di legargli un fazzoletto pulito sulla piccola ferita.

In quanto a questo, non c’è bisogno di fazzoletti: Naso ha una benda nuova fiammante, e sa come va adoperata. Il meglio però sarebbe di farsi medicare per bene, al posto di soccorso.

Ma se Saponetta, ora che l’ha scampata, ha un po’ meno paura delle fucilate, ne ha sempre moltissima dei dottori e delle medicazioni; e siccome non sente dolore, preferisce di rimanere coi compagni.

Intanto, un soldato che ha l’occhio ad una feritoia avvisa il Tenente: — Di lassù si affacciano, e fanno dei cenni....

Dalla trincea di contro, gli Austriaci accennano infatti, con le mani levate.

Che cosa vogliono?

I gesti si ripetono, insistenti; fanno capire che sono pronti ad arrendersi.

— E venite, allora! — accennano i nostri, di rimando.

Gli Austriaci scavalcano i ripari e scendono in quella «zona di nessuno» che sta tra le due trincee. Sono senz’armi e tengono sempre le braccia alzate.

— Venite avanti, — grida il Tenente, E quelli non si muovono: sembra che non capiscano.