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il cuore del passero | 79 |
Lo raccolsi, lo nutrii, lo curai.
Visse.
Nella città lontana, dove allora dimoravo, nella stanza sola, mi teneva compagnia. Ricordo: c'era un corridoio con molte vetrate battute dal sole. Il passero stava nel corridoio e lo percorreva tutto in cinque o sei salti. Ricordo ancora: cadendo dal suo nido, certo si era rotta una zampina: io gliel'avea curata, ma era rimasta contorta.
Un giorno ritornai al mio paese e portai il passero a mia madre: ella ne ebbe cura; io me ne dimenticai. Altre cose si dimenticano oggi! Pure ogni volta che dalle mie peregrinazioni ritornavo a casa, domandavo:
- È vivo?
- Vivo quel rusticone, - rispondeva la cara mamma. E al mattino cullandomi nel sonno come avviene di chi dopo lunga dimora altrove si compiace del letto e della casa paterna, udiva uno starnazzar di alucce, un - ci, ci! - breve. Certamente era il sole che andava a visitare quella sua creatura prigioniera, o era lei che intuiva la luce d'oro per naturale senso di amore.