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26 | leuma e lia |
Mi rispose con voce piagnucolosa:
“Ma, signor professore, io non sono buona di fare i lavori che fanno gli altri„ (gli altri, cioè i compagni, facevano, a onor del vero, dei cómpiti della più sfacciata retorica); e proseguì: “io non capisco che cosa è questa idealità che lei vuole!„
Io la guardai fissamente, e i suoi occhi mi guardarono assai attoniti.
Un giorno leggevamo un passo di non so quale autore, dove era detto che la vita è una cosa triste.
Domandai a Lia che cosa ne pensasse di questa sentenza. Mi rispose che non sapeva rispondere ad una domanda così difficile.
“Ma avrà pure un’opinione, avrà pure un giudizio nel suo cervello;„ insistetti io.
“Allora per me, se devo dire quello che penso, dirò che a me la vita sembra bella e che sono tanto contenta di vivere.„
Un’altra volta, mi ricordo, non avea fatto il lavoro di latino, ed io le dico: “Ma questa è una mancanza di dovere, signorina.„
“Ma signor professore, — ella risponde timidamente, — la donna di servizio non c’era e ho dovuto far io da cucina....
“Una giovanetta — dico io — che si dà agli studî, deve trascurare queste opere servili....„