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296 | il primo viaggio d'amore |
babbo, la borsetta da viaggiatore, le uose, il colletto e la cravatta nuova furono ammennicoli che non valsero a rimediare il difetto dell'abito. “Avessi almeno un soprabito da mezza stagione!„ gemeva il giovinetto, e fu per un istante in procinto di prender con sè il grave cappotto nero del collegio. Ma bisognava staccare alamari, filettatura, e invece urgeva l'ora della partenza. Convenne dunque far di necessità virtù e così vestito come meglio potè, Furio, poco dopo, era pronto per la partenza.
- Mamà, mi dai un po' di soldi? - chiese timidamente, e avutili, scappò di casa facendo le scale a quattro gradini per volta, e quando fu in istrada diede un'occhiata a quelle finestre da cui poche settimane innanzi al raggio delle stelle e della luna la bianca, la cara fanciulla cantava: “Spirto gentil de' sogni miei„ e “Alfredo, Alfredo, di questo core„ con quella voce innamorata che gli faceva venire i brividi come squillo di tromba e destriero di battaglia.
Povera finestrella! era chiusa! Ma si aprirà un altr'anno quando verrà l'estate e lei tornerà al mare. Ma fra quest'anno e quello venturo c'era un abisso: l'ultimo anno di collegio. Il terribile professore di matematica.