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12 | leuma e lia |
spense il fragore del treno, ben si sentì il canto dei grilli e si sentì odore del trifoglio falciato, il quale metteva nell’aria un’indistinta frigidezza di verde e di viole.
Allora Leuma, levando il braccio, disse sorridendo:
— Io ti presento, Astese, mia moglie e il mio buon suocero: non l’ho fatto prima perchè tu me ne hai tolto il tempo; — e indicava ad Astese il signore e la signorina che erano nel treno e che pur essi erano discesi, nè Astese vi avea posto mente. — E questi è il mio amico, l’onorevole Vittorio Astese, di cui vi ho parlato tante volte; — proseguì quando Astese si fu levato dal profondo inchino che per la sorpresa gli avea fatto cadere gli occhiali dal naso; un naso sottile e gibboso che gli tagliava il volto olivigno: un naso dove gli occhiali aveano una base resistente a tutte le scosse oratorie. E pur questa volta erano caduti.
A quel residuo di vanità che rimaneva ad Astese a dispetto della sua grande saviezza, parve che la signorina, o per dir più propriamente, la signora rimanesse a bastanza indifferente davanti all’onorevole personaggio; ma guardava ogni tanto verso un viale di alti pioppi dal cui fondo ora spuntava