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178 | nella terra dei santi e dei poeti |
via così poco battuta al di d'oggi che il piano stradale non reca traccia di rotaie.
Comincia la salita e si sale per circa chilometri dieci sino a raggiungere la cima di un elevato contrafforte di monti, che precede i monti che dividono i due versanti. Sotto il sole pomeridiano i ciuffi delle ginestre vigorose sui dirupi diffondevano un acre e selvaggio profumo e davano ai sensi alcun conforto. Di lassù scorgemmo finalmente di fronte Gubbio: la quale è in fondo ad un altipiano ascendente, e spicca sì perchè altre città o castella non sono per quanto l'occhio cerchi d'intorno, sì perchè pare, ed è nel fatto, incatenata al Montecalvo, alto e rotondo che serra Appennino.
- In quel monte sopra Gubbio si apre, che di qui non si vede, la famosa gola del Bottaccione per cui si scappa nell'altro versante. Sentirai quella come tira! - disse il Pasini.
Io mi dissi assai stanco. Egli mi assicurò che mi sarei riposato domani studiando le famose tavole Eugubine. E poi, - aggiunse, - adesso hai fatto dieci chilometri a piedi; monta in sella, e così metti in riposo i muscoli che ti hanno aiutato a camminare e metti in attività quelli che muovono il pedale che nel frattempo si sono riposati.