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174 | nella terra dei santi e dei poeti |
proprietari del Viterbese pagavano un cánone fisso al brigante Tiburzi per essere liberi dai briganti minori.
Ma con nostra sorpresa il giovinetto ricusò.
- Tu non fai il mendicante?
- Io no, io faccio il facocchi (il carrozziere).
- E come ti chiami?
- Il Pelosino.
- Bene, caro Pelosino, qua la mano.
- Vede che bella vista? - cominciò egli a dire, - ma qui è niente. Hanno visto il Pincetto? noi lo si chiama così, ma è più bello del Pincio di Roma. Vengano con me, gli insegno una strada che risparmiano un quarto d'ora. - E vi ci condusse.
Il Pincio di Assisi è davvero degno di una capitale per le piante rare, la disposizione delle aiuole e de' marmi, per la grazia architettonica con cui a gradinate, ripiani erbosi, grotte, ascende sino al monte; ma sopra tutto per la vista incantevole su l'Umbria.
- Ecco Spello, ecco là Perugia, ecco Gubbio!
L'immenso anfiteatro dei monti barbagliava sotto il sole di mezzogiorno come un mare di fiamme; le città erte sui monti fulgevano come schisti e come mica.
Ma presso di noi in una valletta verde ed ombrosa erano bimbi vestiti di bianco. Una