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le ostriche di san damiano | 97 |
E così dicendo fra me, senza dar tempo ad un più savio pensiero di ritornare su la deliberazione già presa, spinsi con coraggio la vetriata di uno dei più eleganti e rinomati restaurants della città, e mi trovai in una magnifica sala dove de' bellissimi divani di velluto cremisi davanti a larghi tavoli scintillanti di stoviglie e di candidi lini, invitavano ad assidersi con tutta pace. E debbo confessare che ad entrare di preferenza in quel caffè restaurant mi avea indotto la reputazione della squisitissima cucina; e ne volevo fare esperienza personale e vi sarei venuto prima se non soffrissi di una certa “animadversione„, come si direbbe latinamente, verso i camerieri, i quali dall'alto dei loro colletti puntati contro i menti sbarbati, vi squadrano, vi leggono la storia della vita lì su due piedi, vi dicono cogli occhi press'a poco così: “Tu non sei un milionario, tu non sei un nobile, tu non sei uno scavezzacollo, tu non sei un impresario di femine, tu non sei un affarista; tu hai tutta l'aria di un povero galantuomo che tira la vita coi denti, oibò! Qual vento ti ha quivi sbattuto fuor del tuo costume? Sbrigati e vattene!„ e non dicono grazie nè anche se voi lasciate sul piatto una lauta mancia di venti centesimi.