tutte a squadra fra loro; ma se questa è la più facile e geometrica disposizione, ove il terreno abbia perimetro rettangolare, e qualora si tratti di ampliare una città predisposta in tal modo, non era preferibile pel quartiere in Prati, avvolto in gran parte dalla lunata concava del fiume, che deve attraversarsi con ponti possibilmente normali al corso dell’acqua. D’altronde la disposizione a scacchiera, generalmente monotona, non è sempre la più razionale per le immediate comunicazioni fra punti importanti comunque posti, ed esclude certi effetti scenici o prospettici ai quali mirabilmente si prestano le linee divergenti, purché artisticamente sappiasene cavar partito. Difatti il disegno del quartiere in Prati, tracciato con libertà di concepimento, offre diversi trivi, che varranno a renderlo variato e grandioso. Dal ponte al Popolo si vedranno tre stradoni, il primo diretto al mezzo di una nuova caserma, l’altro percorrente il quartiere sino sotto il bastione Vaticano con una lunghezza di metri 1400, il terzo diretto al Palazzo di Giustizia, se lo si porrà in corrispondenza del ponte dell’Orso. Ugualmente dalla piazza dietro al palazzo un altro trivio è diretto al bastione Vaticano, alla barriera di piazza d’Armi, al ponte del Popolo. Finalmente dalla piazza che verrebbe aperta innanzi l’attuale Porta Angelica, un ultimo trivio spiccherebbesi formato dallo stradone che avrebbe per fondo l’obelisco del Popolo e i parapetti del Pincio, dalla via Reale lunga metri 1800 fino alla Piazzetta de’ Trinitari al Corso, e da un altro stradone che si aprirebbe in modo da collimare alla Mole Adriana. Le arterie poi del quartiere dovrebbero avere le seguenti larghezze, a parere della