Pagina:Piano regolatore di Roma 1883 - Relazione.djvu/50

46

tronco urbano del Tevere. La Commissione non intende di biasimare o di giustificare la condotta delle pubbliche Amministrazioni, ma solamente nota i fatti, per quanto essi possano riuscire di giovamento nello esaminare e dare giudizio sul piano che le è stato presentato del quartiere in Prati.

Intanto, prima di tutto dovevasi risolvere una questione, alla quale le altre erano subordinate. È egli necessario includere nel piano d’ampliamento la contrada ai Prati di Castello? Contro l’inclusione non potevano recarsi che considerazioni di economia, nel senso di non prendere impegno di espropriare i terreni per le strade, costruirle, impiantarvi i pubblici servizi ecc., a menochè i proprietari dei Prati di Castello non offrissero gratuitamente quei terreni, in correspettivo del vantaggio di sapere assicurato lo svolgimento del quartiere ed aumentato il valore fondiario del terreno fabbricativo. Si contrapponeva però, che l’approvazione del piano di ampliamento in Prati obbligherebbe bensì i proprietari a seguire le linee regolatrici nel costruire le case, anzichè collocarle a loro arbitrio, e secondo il tornaconto individuale o collettivo; ma che non potrebbe obbligare il Comune ad estendere i lavori stradali ed i servizi pubblici oltre le zone, che successivamente e spontaneamente si andassero edificando. D’altronde il fatto ha dimostrato, che senza alcun intervento dell’Amministrazione civica, e senza sussidi di sorta (cosa piuttosto unica che rara), il quartiere ha avuto principio di esecuzione sopra una zona abbastanza vasta, e collegamento diretto con la vecchia città. E quando vi prenderà dimora un certo numero di cittadini, il Comune