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Decisamente, io penso che posso accettare. Il conte di Nubo, del resto, che è stato il mio miglior amico, non mi avrebbe consigliato una cosa simile, se la fosse stata cattiva.

Dopo questo esame di coscienza, dopo questa espansione di confidenza, Regina ebbe un novello accesso di dubbio. In seguito, una nuova crisi di bramosia. Poi ancora delle paure novelle. Ella bilicò infine su questa altalena per due giorni. Sovvennesi però di aver detto a suo zio, in un primo slancio di leggierezza, ch’ella accettava l’invito al ballo del ministro della marina. Se ne pentì. Poi se ne consolò sclamando:

— Il primo impulso è sempre il più retto; ed ò ben fatto. Ma la toilette?

Questo spettro offuscava il quadro.

Il dottore di Nubo, dal lato suo, sospettava bene della lotta che infuriava nel cuore della giovane. E’ sapeva troppo bene di avervi gettato il germe di un cancro. Lasciò a questo germe pigliarvi vita e radice. Però, per accelerare lo sboccio, egli scrisse questo vigliettino alla nipote:

«Mio bell’angelo, il proprietario delle Villes de France mi deve qualche moneta. Vuoi tu darti la pena di andarla a toccare, in mercanzie? È l’ultimo credito che posseggo sui marcanti di mode. Profittane. Ti bacio su quel bel fronte ripieno di capricci.»

Il colpo fu decisivo.

Regina si dette una toilette splendida. Ed otto giorni dopo il sermone del dottore, si recò al ballo della rue Royale.

Il principe di Lavandall non vi mancò.

Egli trovò l’opportunità di porgere il braccio a Regina e di menarla intorno pei saloni. Le parlò per mezz’ora e completò la conversione sì maestrevolmente intrapresa dal dottore.

Regina ascoltò tutto, ridendo; rispose a tutto con spirito. Accettò tutto infine, ridendo sempre, quasi avesse portato una sfida al principe di esser serio in ciò che diceva.

Del resto, quantunque costui avesse uno scopo di più che Regina, egli vi si condusse con un tatto sì delicato,