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Vitaliana veniva di alzarsi in quel punto.

Era avvolta ancora nel suo peignoir. I piedi allungati agli alari del caminetto, sfogliando qualche giornale, cioncando una tazza di cioccolatte — mentre Maria annodava alla presto le di lei magnifiche trecce arruffate dall’origliere.

Il duca accostò un puff al camino, e fece un segno di uscire a Maria, dicendo nel tempo stesso:

— Quando suonerò, fatemi portar qui una tazza di cioccolatte.

Egli contemplava sua moglie.

Non l’aveva giammai vista così bella!

L’amore, del resto, l’aveva sbocciata.

La scintilla della pupilla di lei era divenuta più audace. Le sue labbra, irrigate dalla rugiada dei baci, sembravano più sode e più rosse. La sua fronte s’innalzava più alta, più limpida. La pelle si era imbevuta di tutto lo splendore cui dà quel fiammeggiamento che addimandasi amore. Le sue narici rosse respiravano la voluttà. Sembrava ingrandita. La sua eleganza aveva un accento; le sue maniere una volontà. Tutto indicava che di quella bella cosa l’amore aveva di già fatto qualcuno!

Da tutta quella persona si sprigionava un fluido che inebbriava.

Il duca provava dei fremiti.

La moglie non era ella di già divenuta un’amante?

Il duca girò intorno lo sguardo per quella camera, come per dimandarle la prima parola della conversazione.

Ed infatti, ebbe come un tremito guardando il letto.

Vitaliana non fe’ sembiante di accorgersi di lui.

Il signor di Balbek sclamò infine, quasi suo malgrado, di una voce sorda e commossa:

— Grazia, Vitaliana, grazia!

La giovane sollevò lentamente la fronte dall’Appendice di Alessandro Dumas, e, conficcando come una spada il suo sguardo glaciale nell’uomo che l’implorava testa giù e visibilmente turbato — rispose:

— Sono il re, io? Ed il re, egli stesso, che può accordare la vita, può egli ridare l’onore? Di un ladro, il re può fare un ministro; di un vigliacco, un generale, e’ può covrir del Toson d’oro un cuore disonorato; ma egli non sopprimerà giammai, giammai! il disonore. Ecco.