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specie di relazioni coltivate voi col principe di Lavandall?

— Sareste voi disposto a credere, per avventura, ch’egli sia mio amante?

— Io non mi spingo fin là. Ma io penso che se n’è ben vicino, quando una donna ed un uomo si lasciano andar di conserto alle scappate che intraprendeste la notte scorsa.

— Vi sono delle distanze — anche della spessezza di un solo capello — che sono un abisso — replicò Vitaliana con disdegno. Io conosceva il principe di Lavandall molto prima di conoscervi: la principessa è una amica di mia madre e la mia.

— Ciò non dice nulla. Io vi domando questo: Chi vi à detto ove io mi era? Come, e perchè il principe di Lavandall si trovava desso con voi?

— Non rispondo alla prima questione. Rispondo alla seconda; che ò fatto pregare io il principe di accompagnarmi. Avreste voi preferito che andassi tutta sola?

— Sarebbe meglio valso che non foste venuta del tutto. Vi sono dei luoghi ove le donne debbono a sè stesse di non mettere il piede. Se io mi avessi saputo come la serata doveva terminare, non avrei accettato l’invito dell’ambasciadore di Turchia.

— Gli è dunque quel pagano che vi à indotto in peccato, eh? Avrei dovuto sospettarlo. Voi eravate dunque presso di lui?

— Eravamo nel suo presso di lui extra-officiale.

— Davvero, signore? Quella Morella, la quale, fra parentesi, è la ganza del conte di Alleux...

— Cosa dite voi, signora? — gridò il duca in sussulto.

— Io l’ò incontrata in casa di lui, in veste da camera, nel suo studio, ieri, andando ad informarmi se vi eravate rimesso dell’... emozioni della notte precedente.

Il duca non rispose più. I suoi occhi fiammeggiavano.

— Quella Morella — riprese Vitaliana facendo mostra di non avvedersi di nulla — è dunque la ganza di quel Turco?

— Sì — urlò il duca.

— Guardate mo’ come Parigi è cattiva! Si dice, signore, che voi incontraste quella donna in un bazar, cui si addimanda un ballo in casa di madama Thibault o Thibald...